Technology and SMEs access to receivables finance in Italy

Interessante contributo dell’Avv.to Diego Tavecchia

(Testo tradotto dall’originale)

Nel 2022, la Banca Mondiale ha pubblicato un rapporto molto dettagliato sui progressi dei servizi finanziari digitali e del finanziamento alle PMI (“Fintech and SME Finance: Expanding Responsible Access”) come parte di una serie di note tecniche sviluppate per il rapporto “Fintech e il Futuro delle Finanze”, concentrandosi in particolare su come l’adozione delle soluzioni fintech possa aiutare a colmare il divario di finanziamento per le PMI. Secondo il rapporto, l’accesso delle PMI al finanziamento può essere migliorato grazie a una più ampia adozione di nuove tecnologie attraverso diversi canali: fornendo accesso a forme di finanziamento alternative al prestito bancario e migliorando l’accesso ai tradizionali player, per consentire nuovi prodotti digitali, automazione dei processi e nuove fonti di dati (analisi di big data) per migliorare la valutazione del rischio di credito. La tecnologia è considerata un fattore di “democratizzazione” del finanziamento, in quanto aiuta a ridurre le barriere che possono impedire alle PMI di accedere ai prestiti, come l’alto costo marginale per acquisire e servire questo tipo di attività, l’asimmetria informativa dovuta alla mancanza di dati finanziari e di credito affidabili e la mancanza di garanzie.

La soluzione del factoring è stata storicamente efficace nel superare queste ultime due “barriere”, grazie alla focalizzazione sui crediti come garanzia e alla capacità di trasformare il rischio del cliente in rischio di attività, dove l’attività è un portafoglio di esposizioni a breve termine (di solito) a debitori di maggiore qualità. In questo modo, il factoring è stato un partner naturale per le PMI per finanziare le loro esigenze di capitale circolante. Tuttavia, l’alto costo di servizio rispetto ai ricavi è sempre stato una preoccupazione principale per il settore, tanto che la pratica richiede, implicitamente o esplicitamente, una soglia minima per il fatturato dell’attività per ottenere una relazione redditizia e soddisfacente per entrambe le parti.

Anche se le soluzioni di finanziamento della catena di approvvigionamento, come il factoring inverso e il confirming, non erano del tutto nuove in molti paesi, la loro adozione e diffusione sono state effettivamente facilitate dall’adozione di piattaforme tecnologiche che riducono i rischi e i costi marginali di integrazione delle piccole imprese.

In seguito alla pandemia di COVID-19, l’intero settore bancario ha dato un notevole impulso agli investimenti in IT e anche il settore del factoring ha affrontato una sorta di “rivoluzione tecnologica” che ha portato, in pochi anni, alla completa digitalizzazione della maggior parte del front-end e contemporaneamente alla razionalizzazione della maggior parte del workflow sul back-end, talvolta in collaborazione con le più innovative aziende fintech.

C’è qualche evidenza che questi enormi sforzi delle banche e delle società finanziarie abbiano effettivamente avuto un impatto sull’accesso al finanziamento delle PMI, e in caso affermativo, in che misura e come?

La risposta è difficile in quanto non ci sono dati adeguati per supportare tale analisi. Tuttavia, uno studio recente pubblicato dalla Banca d’Italia (“The role of banks’ technology adoption in credit markets during the pandemic”) ha gettato un po’ di luce su questo argomento. Gli autori indagano il ruolo della digitalizzazione bancaria nei mercati del credito alle imprese in Italia durante la crisi pandemica utilizzando i costi IT riportati come misura del grado di digitalizzazione delle banche. Secondo i loro risultati, i prestiti dalle banche più tecnologiche hanno beneficiato in media di un aumento maggiore del credito nei mesi successivi alla pandemia: il credito dalle banche con un’adozione IT più elevata è fluito maggiormente verso i prestiti di importo minore.

In questa prospettiva, l’adozione IT delle banche ha contribuito ad un maggiore aumento del credito alle PMI rispetto alle grandi imprese: la pandemia ha accelerato lo spostamento verso i canali digitali delle PMI, che in precedenza erano in ritardo rispetto alle grandi imprese. Inoltre, la possibilità di sfruttare nuove tecnologie per la valutazione del rischio di credito potrebbe aver migliorato la capacità delle banche di selezionare e servire i prestiti di importo minore, come le piccole imprese.

Ma per quanto riguarda il finanziamento dei crediti commerciali?

Il compito qui è ancora più difficile. L’adozione di modelli di business alternativi in Italia è ancora ai primi passi: i volumi di commercio di fatture nel 2022 hanno raggiunto i 570 milioni di euro, rappresentando lo 0,2% dei volumi di factoring. Il contributo dei nuovi modelli di business al finanziamento delle PMI, anche se in crescita, sembra ancora non essere significativo.

L’altro canale attraverso il quale la tecnologia può influire sull’accesso delle PMI al finanziamento funziona migliorando l’accesso ai giocatori tradizionali. In questa prospettiva, le statistiche di Assifact possono aiutare a ottenere alcuni indizi. In Italia, il mercato del factoring segue normalmente la “regola di Pareto”, secondo cui il 20% dei clienti più grandi genera l’80% del fatturato totale. Per anni, la crescita del mercato del factoring italiano è stata trainata dalle grandi imprese, mentre il fatturato generato dalle PMI era stagnante al meglio. È molto interessante notare che, dalla pandemia, la situazione è drasticamente cambiata: il fatturato generato dalle PMI, a partire dal 2021, mostra un cambiamento di passo drammatico, chiudendo rapidamente il divario con la crescita cumulativa del fatturato delle grandi imprese nei precedenti 5 anni.

Come conseguenza immediata della pandemia, l’industria del factoring ha visto una forte accelerazione negli sforzi di digitalizzazione (simile a quanto accaduto nel settore bancario). La simultaneità di questa accelerazione e della crescente partecipazione delle PMI al fatturato totale del mercato italiano suggerisce una correlazione tra i due fenomeni, supportata, indirettamente, dalle evidenze della Banca d’Italia che indicano una crescita del credito digitale guidata dalle piccole imprese.

In altre parole, sembra legittimo affermare che lo sforzo considerevole di digitalizzazione e automazione delle interfacce compiuto dall’industria del factoring abbia effettivamente favorito una maggiore partecipazione delle PMI a questo mercato, sia direttamente sia come parte di uno schema di SCF (mentre, in verità, le grandi imprese continuano a dominare il mercato).

In prospettiva, l’accesso delle piccole imprese al factoring o ad altre soluzioni basate sui crediti commerciali (ad esempio, il trading di fatture) può essere ulteriormente favorito attraverso i) ulteriori progressi nella tecnologia, che consentono di sfruttare il potenziale della fatturazione elettronica, mediante un’integrazione fluida e senza soluzione di continuità del sistema ERP della PMI con le piattaforme del finanziatore e ii) la rimozione degli ostacoli legali alla cedibilità dei crediti, come i divieti di cessione.

Questi punti, che sono già stati affrontati dalla Banca Mondiale nel rapporto sopracitato, sono stati supportati, tra le altre cose, dalla risoluzione del Parlamento europeo del 17 gennaio 2019 (resolution of 17 January 2019 )sulla realizzazione della direttiva 2011/7/UE per contrastare il ritardo nei pagamenti nelle transazioni commerciali, in cui il Parlamento europeo, nella sua dichiarazione sulle misure di rimedio al problema dei ritardi nei pagamenti, ha anche invitato la Commissione e gli Stati membri a considerare misure di sostegno per il factoring e ha indicato il finanziamento della catena di approvvigionamento e il factoring come tipologie innovative di pagamento e finanziamento che consentono al creditore di essere pagato in tempo reale non appena viene emessa la fattura. La Commissione europea, nella recente “Call for Evidence per la revisione della Direttiva sui ritardi di pagamento” (LPD), menziona esplicitamente il divieto di cessione tra le “pratiche sleali” e suggerisce che l’aggiornamento della direttiva dovrebbe considerare il superamento degli ostacoli e delle difficoltà del factoring come mezzo per raggiungere meglio gli obblighi e gli obiettivi della LPD.

Apparentemente, il mercato e le istituzioni “remano nella stessa direzione” per quanto riguarda il divieto di cessione. Anche se forse non sufficientemente scientifiche, le cifre del mercato italiano del factoring suggeriscono che il potenziale del factoring e della finanza dei crediti commerciali per migliorare, attraverso la tecnologia, l’accesso al finanziamento per le PMI è reale e quindi forniscono una base per le istituzioni europee per favorire la cessione dei crediti per realizzare tale potenziale.

(Fonte e testo originale: BRC Pub )

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