Perché Apple è (anche) un concorrente delle banche e come queste dovrebbero reagire

Negli Stati Uniti Apple ha lanciato un conto di risparmio con Goldman Sachs ed è già entrata nel settore dei servizi finanziari. Anche se non diventerà banca, la società di Cupertino è destinata a sconvolgere il mondo bancario. Un banchiere spiega l’impatto sul sistema bancario retail

di Roberto Nicastro, banker e founder di Aidexa

Con la partnership con Goldman Sachs e il lancio di un conto di risparmio al 4,25% negli Stati Uniti Apple sta scuotendo il sistema bancario a livello globale. La domanda fondamentale è una: Apple è finalmente diventata una banca e un concorrente temibile per le banche? La mia risposta è: sì.

Apple sta diventando sempre più un possibile incubo per le banche e gli altri operatori finanziari, specie negli Stati Uniti, non perché diventerà una banca (potrebbe non diventarlo mai), ma perché sta ridefinendo in modo radicale l’attività bancaria al dettaglio così come la conosciamo e, potrebbe far evolvere la propria interfaccia “finanziaria” fino a diventare la principale “porta” del cliente per i servizi bancari al dettaglio.

La mossa di Apple comporta diversi effetti e richiede attente valutazioni:

  • Potremmo aspettarci che anche Google (Android) si muova.
  • I consumatori sono chiaramente i principali beneficiari nel breve.
  • Le autorità di regolamentazione e i governi dovranno monitorare ed eventualmente reagire, poiché i rischi per la concorrenza nei servizi bancari e l’eccessiva concentrazione di potere derivante dal controllo dei dati del cliente sono evidenti.
  • La reazione delle banche richiederà cambiamenti sostanziali nei modelli di business e nell’architettura tecnologica.
  • Anche le fintech devono adattarsi al nuovo ambiente, eventualmente riposizionandosi o collaborando con altri attori di questo nuovo ecosistema.

Il percorso di Apple nel mondo dei servizi finanziari

Tutto è iniziato con il lancio di Applepay, nel 2014, in collaborazione con diverse banche, come strumento di pagamento incorporato nei dispositivi Apple, che ha recentemente raggiunto il 50% di penetrazione tra gli utenti Apple europei. Successivamente, nel 2019, Apple si è mossa senza troppo rumore per lanciare Apple Card, sempre in collaborazione con Goldman Sachs.

Nel 2022 e 2023 ci sono stati tre nuovi lanci con partner diversi: Apple Pay Later un servizio Buy Now Pay Later in collaborazione con MasterCard, il deposito a vista Apple Savings al 4,25% con Goldman Sachs e Apple Tap to Pay (un nuovo servizio POS gestibile tramite il portatile Apple) con Square, una fintech. Tutti, tranne Applepay, sono attualmente disponibili solo negli Stati Uniti. Nel Regno Unito, Apple ha acquisito Kudo, un sistema di valutazione del credito individuale, che potrebbe essere la prima incursione nell’ampio ecosistema europeo del credito al consumo.

In passato Apple sosteneva di offrire servizi finanziari solo per rendere il proprio”smartphone” indispensabile per i clienti, ma ciò non appare più plausibile. La società è in grado di fornire un servizio all’altezza delle migliori fintech e, a differenza di queste ultime, ha il vantaggio esclusivo di avere al proprio interno un numero infinito di clienti, con costi di acquisizione pari a zero. Alcuni potrebbero sostenere che Apple si sta muovendo nel settore bancario lentamente, come un potente ghiacciaio, però adesso pare sempre più una cascata impetuosa.

L’impatto sul sistema bancario retail

Questi passi di Apple rappresentano un’importante rivoluzione per l’attività bancaria al dettaglio, che in verità era stata prevista da molto tempo. Ora però sta diventando realtà, perché Apple può contare sull’accesso immediato a oltre 1 miliardo di clienti, su un’esperienza utente (UX) superiore e fluida, trasparente e sicura, sulla fiducia che il brand si è guadagnata da tempo presso i clienti, sulla massiccia disponibilità di risorse e sulla scelta ben mirata dei partner più congeniali per le varie iniziative.

Apple, quali potrebbero essere le prossime mosse

Cos’altro potrebbe bollire in pentola in casa Apple? In seguito all’acquisizione di Kudo, potrebbe sviluppare piani per offrire prodotti di credito al consumo o servizi contigui in Regno Unito e in Europa. Apple potrebbe facilmente accedere a un bacino di dati senza pari, aggiungendo informazioni finanziarie a quelle già massicce già disponibili sui clienti e sviluppando così il credit scoring più sofisticato che si possa immaginare. Il portafoglio prestiti generato da Apple potrebbe poi essere cartolarizzato e venduto a investitori istituzionali, senza stretta necessità di fare la banca.

La prossima grande sfida potrebbe essere l’offerta di conti correnti, dove è stato già fatto un primo passo con Apple Wallet. Tuttavia, un vero e proprio conto corrente potrebbe essere ancora lontano e non è chiaro se sarebbe in caso meglio collaborare con un operatore bancario (modello Tide o Qonto) o richiedere direttamente una licenza bancaria.

Perché Apple non richiede una licenza bancaria?

Richiedere o meno una licenza bancaria potrebbe essere un dilemma per Apple: sicuramente renderebbe molto più efficaci sia il credito

sia i conti correnti, ma diventare un’entità completamente regolamentata rappresenterebbe una discontinuità innaturale per la sua tradizione e traiettoria strategica. Finora Apple ha evitato di diventare “troppo regolamentata”, operando in segmenti in cui la licenza non è richiesta o collaborando con banche che garantiscono il rispetto delle regole bancarie e di capitalizzazione, e condividendo il valore creato con Apple. Nel caso di Apple Pay Later, Apple ha iniziato a utilizzare i propri attivi per concedere prestiti diretti.

È possibile che Apple abbia in cantiere diverse nuove idee, sempre con l’obiettivo di focalizzarsi su prodotti e segmenti “ricchi” del retail banking, lasciando le numerose attività non redditizie agli operatori storici. E in ogni caso, la semplice eventuale esportazione del già solido portafoglio di prodotti statunitensi nel resto del mondo potrebbe essere di per sé più che allettante e richiedere diversi tempo e energia.

L’impatto sul mercato del credito

Le implicazioni competitive sono estremamente significative. Ad esempio, con Apple Savings, i clienti troveranno più facile ottenere un tasso competitivo sui depositi, erodendo così uno dei flussi di profitto oggi maggiori per le banche (i margini sui depositi). Inoltre, con Apple Pay e Apple Tap to Pay per chiudere il circuito dei pagamenti in molte transazioni, Apple potrebbe minacciare anch ricavi di Visa, Mastercard e PayPal (attualmente tra i maggiori operatori a livello mondiale per capitalizzazione di mercato nel retail banking). Vale la pena notare che Mastercard è un partner importante per Apple Pay Later. Inoltre, nel settore del credito al consumo e dei mutui, potrebbe “battere” le banche non solo per quanto riguarda l’accesso ai clienti, ma anche per la ricchezza del credit scoring.

Ma c’è un ma…l’implementazione della strategia a livello mondiale non sarà facile per Apple. Il retail banking non è ancora un’attività globale a causa delle differenze tra i diversi mercati in termini di leggi, tassazione, valute, abitudini dei consumatori, strutture del settore e controllo governativo (come in Cina). Di conseguenza, le banche (e le fintech) locali avranno più tempo per adeguarsi, prepararsi e reagire (se si muovono in anticipo).

Apple potrebbe essere anche imitata da Google/Android. Con circa 3 miliardi di utenti in tutto il mondo, la piattaforma Android di Google presenta una base di clienti ancora più ampia (anche se in media meno ricca) di quella di Apple. Anche se ci sono segnali deboli da parte di Google, la mossa di Apple è stata sicuramente notata a Mountain View.

Non c’è dubbio che il grande vincitore sia il consumatore, dicevamo: riceverà servizi bancari più semplici e migliori a costi inferiori. A breve termine questo è un dato di fatto, nel tempo occorrerà capire. Infatti, la posizione de facto quasi monopolistica che in teoria Apple potrebbe ottenere sicuramente attirerà l’attenzione delle autorità di regolamentazione e dei legislatori, soprattutto a Bruxelles. Inoltre, quando i dati finanziari si aggiungono al vasto insieme di dati già disponibili, la quota di Apple sulle informazioni di ogni cliente potrebbe farla quasi assomigliare un nuovo “Grande Fratello”. Le istituzioni e i politici saranno vigili.

In un modo o nell’altro, questa volta le banche al dettaglio tradizionali devono reagire, Apple (e forse anche Google/Android?) è un concorrente tostissimo da affrontare. Attualmente, la pressione è chiaramente molto più forte nel mercato statunitense, dove Apple ha rotto gli equilibri esistenti (basta leggere le dichiarazioni del Ceo di JPMorgan…). Altrove ci sarà ancora un po’ di tempo, ma nei prossimi anni nessuna banca al dettaglio in tutto il mondo sarà risparmiata da questi sviluppi. Quanto tempo ci vorrà prima che i principali mercati europei vedano una concorrenza concreta nei servizi bancari da parte di Apple (e Google)? Qualcuno crede davvero che ci vorranno più di 3 anni?

Su cosa possono puntare le banche tradizionali

Le banche al dettaglio già esistenti potrebbero cercare di contrastare la concorrenza facendo leva su quegli elementi in cui Apple potrebbe essere meno efficace, ad esempio:

  • offrire una proposta di valore unica attraverso il bundling di prodotti, non facilmente replicabili da Apple, ecc. come quelli in cui la relazione personale è ancora molto preziosa (ad esempio, i servizi di investimento) o che richiedono una licenza regolamentata (ad esempio, lo scoperto di conto corrente, i servizi di investimento collegati al deposito di contanti, ecc.)
  • concentrarsi su segmenti meno esposti a Apple/Google (ad esempio, clienti anziani meno sofisticati ma facoltosi, gestione patrimoniali, corporate banking)

In ogni caso le banche tradizionali dovranno migliorare l’UX per i loro clienti su molti prodotti e soprattutto sul conto corrente, che è il pilastro della relazione. Tutto questo richiederebbe investimenti e sforzi considerevoli:

* Semplificazione sostanziale del modello di business

* Evoluzione accelerata dei sistemi informativi (es. core banking systems) verso un’architettura flessibile basata sul cloud che supporti il nuovo modello di business e la UX.

* Ampio potenziamento delle competenze digitali

* Più partnership con operatori Fintech

* Riduzione dei costi, per compensare una probabile diminuzione dei ricavi

Non è una reazione facile, gli attuali ricchi margini possono alimentare una certa inerzia negli operatori storici del retail banking, ma il rischio è più la “sindrome della rana bollita” o una “morte per mille tagli”, piuttosto che un impatto immediato e violento. Di conseguenza, molte banche potrebbero essere lente a reagire, aspettando sempre l’arrivo dei Tartari.

Infine, queste evoluzioni avranno possibile impatto anche sulle autorità di regolamentazione e di vigilanza bancaria, chiamate a sviluppare una visione olistica della progressiva trasformazione del settore bancario, anche tenendo conto del nuovo ruolo di questi molto potenti operatori non bancari (e forse fuori dal perimetro di regolamentazione), incoraggiando eventualmente gli le banche “incumbent” a investire e a prepararsi a questa nuova e impegnativa evoluzione.

(Fonte: EconomyUp)

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