I dati raccolti da Italia Fintech mostrano come questo strumento svolga un’importante funzione di allocazione delle risorse con una diffusione maggiore nei segmenti dell’economia italiana dove il credito tradizionale stenta ad arrivare, come le microimprese e le Pmi
Presentato oggi, 28 febbraio, il Position Paper “Invoice Trading: analisi, opportunità, proposte” che evidenzia le possibilità offerte da questo strumento alle Pmi, garantendo liquidità senza appesantire la posizione finanziaria. Adesso occorrono proposte legislative come l’obbligo di “referral” e l’istituzione di un albo di imprese certificate, già presenti nel Regno Unito, insieme a una legge che renda nulle le clausole contrattuali che vietano la cessione del credito.
Cosa è l’invoice trading
L’invoice trading è la vendita a titolo definitivo e a sconto di fatture commerciali non scadute da parte di imprese cedenti su piattaforme digitali. Si tratta di uno strumento estremamente flessibile per la gestione delle esigenze di liquidità delle aziende che non ne appesantisce la posizione finanziaria, è uno dei segmenti del mercato fintech B2B in Italia che presenta i maggiori volumi di sviluppo.
Una soluzione concreta, considerando che in Italia il tempo medio di pagamento delle fatture B2B nel 2021 è stato in media di 82 giorni (dati Osservatorio Supply Chain Finance, Politecnico di Milano), un dato peggiore della media dei principali Paesi europei. Basti pensare, infatti, che soltanto poco più di 1 azienda su 3 in Italia saldi puntualmente le proprie fatture (il 38,5% per la precisione, secondo i dati rilevati dallo Studio Pagamenti elaborato ogni anno da Cribis D&B).
Uno strumento utile alle microimprese e alle Pmi italiane
Scopo dello studio è stato quello di mettere a confronto i diversi modelli adottati dalle principali piattaforme, rilevare i dati quantitativi da queste consuntivati e indicare quelle che sembrano esser le prospettive per uno strumento estremamente utile alle microimprese e alle Pmi italiane. I dati raccolti da Italia Fintech evidenziano un tasso di crescita medio annuo superiore al 40% e mostrano come questo strumento svolga un’importante funzione di allocazione delle risorse con una diffusione proporzionalmente maggiore nei segmenti dell’economia italiana dove il credito tradizionale stenta ad arrivare, come le microimprese e le Pmi.
Spazio per soluzioni innovative flessibili
È quanto emerge dal Position paper predisposto dal gruppo di lavoro dedicato al lending di ItaliaFintech, l’associazione italiana dei principali imprenditori nel settore Fintech e coordinato da Matteo Tarroni, ceo e Founder di Workinvoice insieme a Riccardo Carradori, presidente e ceo di Teamsystems Financial Value Chain. Nonostante il volume attuale dell’invoice trading in Italia, nelle sue varie declinazioni, ammonti a qualche miliardo di euro, c’è ancora uno spazio enorme per soluzioni innovative flessibili e alternative al credito bancario visto che ogni anno in Italia si generano centinaia di miliardi di euro di crediti commerciali,
ma solo una parte di questi (circa il 20-25%) è finanziato dal sistema creditizio tradizionale.
I cinque interventi per sostenere le Pmi
Ecco l’elenco degli interventi che paiono essere di maggior rilievo per sostenere le Pmi e le microimprese italiane nell’attuale contesto macroeconomico: albo delle piattaforme certificate; obbligo di “Referral”, inefficacia delle clausole di divieto della cessione del credito, agevolazioni a favore di Organismi di Investimento Collettivi del Risparmio (OICR) che investano in crediti vantati da microimprese e Pmi virtuose acquistati su piattaforme fintech, miglioramento e qualificazione della comunicazione istituzionale nei confronti delle Pmi su strumenti innovativi di finanza digitale. “Abbiamo individuato tutti gli interventi che paiono essere di maggior rilievo per sostenere le Pmi e le microimprese italiane e che rappresentano anche un’opportunità di modernizzazione del paese e di digitalizzazione dei processi di business”, ha osservato Matteo Tarroni, vice presidente ItaliaFintech e ceo e founder di Workinvoice, “come avviene in Gran Bretagna si potrebbe pensare all’introduzione di un obbligo di “Referral” a carico di banche e altri intermediari finanziari tradizionali (ad esempio società di factoring) e all’istituzione di un albo delle piattaforme certificate”. Si potrebbe valutare la possibilità di una legge che renda nulle le clausole contrattuali che vietano la cessione del credito per dotare le Pmi di un asset molto più facilmente finanziabile, anche attraverso piattaforme di finanza complementare, ha aggiunto Tarroni, “così come l’introduzione di agevolazioni a favore di organismi di investimento collettivi del risparmio (OICR) che investano in crediti vantati da microimprese e Pmi virtuose acquistati su piattaforme fintech”. (riproduzione riservata)
(Fonte: MilanoFinanza)
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