La vendita online e la Partita Iva non sono sempre connesse, ecco cosa dice la normativa di riferimento.
Per chiunque decida di avviare un’attività di vendita online, a prescindere dal settore, è sempre fondamentale conoscere le normative fiscali, in modo da rispettare tutti gli eventuali adempimenti previsti, evitando sanzioni.
Nonostante l’apertura della Partita Iva sia uno dei primi aspetti da valutare, non sempre chi vende online necessita di compiere questo passo.
Differenza tra vendita occasionale e vendita abituale
Uno dei principi su cui si basa la disciplina legata alla Partita IVA riguarda proprio la base, ovvero la distinzione tra vendita occasionale e vendita abituale.
La differenza non è dovuta per forza al reddito percepito, ma alla modalità di svolgimento dell’attività.
Infatti, la vendita occasionale avviene appunto, in modo saltuario e non organizzato, senza continuità e senza generare reddito d’impresa.
Al contrario, la vendita abituale si verifica nel momento in cui l’attività si caratterizza per abitualità e continuità.
In tutti i casi in cui un contribuente esercita un’attività commerciale in modo abituale e continuativo, vige l’obbligo di aprire la Partita IVA.
L’obbligo di Partita Iva e soglia dei ricavi: il falso mito
Come detto sopra, il volume dei ricavi percepiti attraverso la vendita non determina l’obbligatorietà dell’apertura della Partita IVA.
Ad esempio, un falso mito molto diffuso, riguarda proprio il limite dei 5mila euro di fatturato, al di sotto del quale non sarebbe necessario aprire la Partita IVA. Si tratta di una credenza senza fondamento, visto che i ricavi non possono essere considerati come parametro o un requisito da valutare in quest’ambito.
E – commerce e vendita online con Partita IVA: ecco i casi
La vendita online in generale oramai si distribuisce su canali differenti, spaziando dal vero e proprio e-commerce al più semplice “second-hand”( seconda mano), fino ai più innovativi reselling e dropshipping. Ecco le differenze e i vari obblighi fiscali:
- E-commerce: L’e-commerce deve essere considerato come un negozio fisico a tutti gli effetti, che fa capo a un’unica azienda ed è finalizzato alla vendita di varie tipologie di beni. Si tratta di un vero e proprio store virtuale, strutturato e organizzato. Di fatto, questo tipo di attività impone l’apertura della Partita IVA e altri adempimenti fiscali previsti per il commercio elettronico.
- Marketplace: A differenza dell’e-commerce, il marketplace (come, ad esempio, eBay e Amazon ed eBay) è una piattaforma online che raggruppa al suo interno diversi venditori. Venditori che se vendono in modo sistematico, abitualmente e non occasionalmente, sono certamente tenuti ad aprire la Partita IVA.
- Reselling: Il reselling, è una vendita di un prodotto particolarmente ricercato, o fuori produzione, a un prezzo maggiorato. Di fatto, questo e richiede l’apertura della Partita IVA se l’attività di vendita viene svolta dal reseller in modo continuativo e organizzato, ovvero le basi di un’apertura di P.Iva.
- Il dropshipping viene considerata un’attività commerciale svolta in modo continuativo e professionale, rendendo quindi necessaria l’apertura della Partita IVA. È caratterizzato da una vendita di prodotti al dettaglio in collaborazione con uno o più fornitori esterni, che su richiesta, inviano il bene acquistato direttamente all’acquirente consentendo così al venditore di non occuparsi dello stoccaggio e della spedizione.
- Second-hand: Invece il commercio second-hand, tradotto: di seconda mano, è la mera vendita di beni usati. Anche in questo caso, è sempre necessario tenere conto della modalità di vendita per capire se si è tenuti a rispettare specifici adempimenti fiscali. Infatti, non sono previsti oneri se la vendita è saltuaria e occasionale, mentre un’attività commerciale continuativa e organizzata è tenuta alla regolarizzazione attraverso l’apertura della Partita IVA.
(Fonte: Benesseconomico)
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