Previsto un totale di finanziamenti di 1,4-1,7 miliardi entro fine anno. Crescono le start up digitali, fintech e «smart city» ma anche le Pmi innovative di settori più tradizionali del made in Italy.
Soffia un forte vento di ripresa sul sistema del Venture Capital Italia, che nel terzo trimestre del 2024 ha toccato una vetta di investimenti complessivi pari a 524 milioni, il doppio rispetto al trimestre precedente. Nei primi 9 mesi dell’anno il finanziamento alle imprese più innovative in fase di start up – il venture capital appunto – ha realizzato volumi superiori all’intero 2023, che si era concluso con un totale di capitali investiti per circa 1,17 miliardi, mentre il numero dei round di finanziamento è stato di 247 operazioni. Questa la fotografia che emerge dall’Osservatorio trimestrale sul Venture Capital in Italia realizzato da Growth Capital, la banca di investimento tech leader nell’ecosistema delle start up, in collaborazione con Italian Tech Alliance, l’associazione italiana degli investitori in innovazione e Pmi innovative che conta oltre 60 soci investitori, oltre 140 tra le principali start up italiane e 26 soci sostenitori.
Interesse europeo
«Se guardiamo ai dati di questi mesi si tratta del miglior trimestre degli ultimi 2 anni e prevediamo per l’intero 2024 un numero di round di finanziamento in linea con il 2023 ma di ammontare complessivo crescente, compreso tra 1,4 e 1,7 miliardi», commenta Francesco Cerruti, direttore generale di Italian Tech Alliance. Alla base di questi numeri, secondo l’associazione, c’è il rinnovato interesse verso le start up italiane che proviene dagli investitori esteri, in particolare europei. «Il nostro è un mercato meno maturo rispetto a quello di altri Paesi e che presenta di conseguenza elevate potenzialità di crescita perché offre interessanti opportunità sotto il profilo delle valutazioni», spiega Cerruti.
Raggiunta la Spagna
Se paragonata ad altri «ecosistemi» europei la filiera italiana del venture capital evidenzia infatti un gap significativo, quantomeno sul piano dei capitali investiti: in Francia i finanziamenti alle imprese innovative hanno raggiunto lo scorso anno i 7,6 miliardi, in Gran Bretagna addirittura i 16. «Tuttavia, rispetto a un Paese come la Spagna, fino a poco tempo fa molto più avanti nel ciclo di crescita, i numeri dell’Italia sono in forte recupero e oggi raggiungiamo un sostanziale livello di parità rispetto a Madrid», riconosce Cerruti. Ad essere interessati dalla rivoluzione delle piccole ad alto potenziale di sviluppo sono i principali settori ad elevato contenuto tecnologico, come software, Smart City, Fintech e le cosiddette Life Sciences, il settore legato alla salute e al benessere. «Abbiamo notato tuttavia un importante trend di sviluppo nelle imprese che appartengono a settori tradizionali e consolidati del made in Italy, come il food e l’agricoltura, o l’educazione. In questi casi abbiamo a che fare con startup che si muovono all’interno di comparti tradizionali ma con logiche di sviluppo fortemente innovative e che fanno un uso massiccio delle nuove tecnologie», nota Cerruti.
Il ruolo dell’AI
Inevitabile non pensare, anche in questo campo, alla rivoluzione dell’Intelligenza artificiale, che secondo l’Osservatorio di Italian Tech Alliance promette di modificare profondamente le dinamiche di sviluppo del settore. A livello europeo nel primo semestre del 2024 le startup AI-backed, che basano il loro modello di business sull’AI, hanno raccolto oltre 6 miliardi di euro in circa 800 round di finanziamenti. «L’Italia ha buone possibilità di inserirsi in questo trend perché dispone di un’ottima qualità della ricerca – siamo al 9° posto nel mondo per numero di pubblicazioni scientifiche sull’AI, ha un sistema universitario molto avanzato che prevede oltre 200 programmi di studio e infrastrutture di calcolo di primordine, come il supercomputer Leonardo installato presso il tecnopolo di Bologna», conclude Cerruti. Resta il tema degli incentivi pubblici e fiscali all’investimento in start up innovative, un tema in evoluzione che il ministro delle Imprese e del made in Italy Adolfo Urso si è impegnato ad affrontare con la modernizzazione dello Startup Act del 2012.
(Fonte: Corriere della Sera)
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