È illusorio pensare che dalla progressiva riduzione dei tassi di interesse dipenda e possa quindi discendere il rilancio dell’economia del continente. Servono altri strumenti per stimolare la ripresa economica in Europa.
Nei principali Paesi del G7 per molti mesi le banche centrali, schiacciate tra la minaccia dell’inflazione e quella della bassa crescita, sono state soggette a sollecitazioni pressanti per un allentamento delle condizioni di politica monetaria. In particolare, in Europa c’è grande attesa intorno alle prossime mosse della Bce dopo la riduzione dei tassi di interesse decisa il 6 giugno scorso. Data la spasmodica attenzione che circonda ogni comunicato e ogni dichiarazione di ciascun singolo membro del consiglio direttivo dell’istituto di Francoforte, non è peregrino chiedersi che cosa aspettarsi dalla politica monetaria nelle prossime settimane.
Il quadro globale, caratterizzato da forti tensioni internazionali e da una politica economica statunitense marcatamente inflazionistica, non facilita il compito che grava sulle spalle di Christine Lagarde. La Bce ha l’obbligo di agire con assoluta prudenza. Infatti, in uno scenario di palpabile incertezza, qualora la corsa dei prezzi dovesse riprendere slancio, rischierebbe di risultarne compromessa la credibilità stessa della banca centrale.
Sollievo per la rata, ma non basta
Non c’è dubbio che, considerata l’attuale congiuntura economica, la progressiva riduzione dei tassi di interesse possa portare sollievo alle famiglie europee, in particolare fornendo ossigeno a quelle gravate da mutui a tasso variabile. Questo risultato è certamente auspicabile e contribuisce a spiegare le insistenti richieste della classe politica, che si aggiungono a quelle degli operatori finanziari, verso un atteggiamento più accomodante da parte della Bce. Tuttavia è illusorio pensare che dalla progressiva riduzione dei tassi di interesse dipenda e possa quindi discendere il rilancio dell’economia del continente. La ripresa solida e duratura dell’economia dell’Europa poggia su altri fattori e può essere stimolata attraverso altri strumenti di politica economica. Occorre superare la tentazione di affidarsi unicamente agli strumenti monetari per sostenere occupazione, reddito e ricchezza dell’Ue.
Cosa serve all’Europa
Bisogna cominciare a prendere decisioni coraggiose, implementando le riforme strutturali e attuando un piano di investimenti infrastrutturali di respiro continentale. Le riforme devono procedere di pari passo con il rafforzamento dell’architettura istituzionale dell’Unione. Le imprese torneranno a investire e a promuovere un processo di crescita della produttività soltanto a fronte di una strategia articolata e coerente di politica economica; quella monetaria da sola non è sufficiente. Il recente taglio dei tassi di interesse deve essere pertanto visto come un segnale favorevole all’inaugurazione di una nuova fase per l’Europa che persegua realmente aumenti di produttività e di progresso: un tassello che si deve inquadrare in un mosaico più ampio. Le istituzioni europee che si insedieranno nei prossimi giorni e i governi nazionali sono chiamati a intraprendere un vasto piano di riforme indispensabili per alimentare un percorso di crescita reale e sostenibile nel tempo. Questa è la sfida che Bruxelles, d’intesa con i Paesi dell’Unione, deve porsi per la legislatura che si sta aprendo.
La Bce non può essere l’unico player
È dunque necessario andare ben oltre il mero allentamento delle condizioni della politica monetaria affinché un momento di difficoltà possa trasformarsi in un’opportunità per rimodellare l’economia europea, rendendola più resiliente e competitiva sul palcoscenico globale. In questo senso è cruciale sollevare la banca centrale dalla responsabilità di essere l’unico giocatore in campo. Le sfide che la crisi attuale impone all’Europa sono politiche, economiche e sociali. L’attuale condizione dell’economia del G7 rivela una situazione di marcata precarietà, segnata da instabilità monetaria e da un persistente ristagno della produttività. In questo contesto, il ruolo delle autorità monetarie si rivela estremamente complesso e gravoso, ma insufficiente da solo a risolvere la panoplia di problemi con cui siamo chiamati a confrontarci. Pressate da continue richieste di allentamento delle politiche monetarie e dall’aspettativa che ciò possa innescare la ripresa economica, le banche centrali navigano in acque turbolente.
È fondamentale riconoscere che la politica monetaria, pur essendo uno strumento potente, non può da sola garantire una ripresa economica robusta e sostenuta. E d’altro canto la credibilità delle banche centrali rischierebbe di risultare compromessa di fronte a un eventuale riacutizzarsi dell’inflazione. L’agognata riduzione dei tassi di interesse deve essere attuata con prudenza, valutandone attentamente l’impatto a lungo termine, ma soprattutto deve essere accompagnata da un impegno concreto delle istituzioni comunitarie e dei governi nazionali ad attuare riforme strutturali e a promuovere investimenti infrastrutturali significativi. Questo approccio non solo alleggerirà il fardello delle banche centrali, consentendo loro di essere più efficaci nel raggiungimento dei propri obiettivi statutari, ma creerà anche le condizioni per un duraturo progresso dell’occupazione, del reddito e della ricchezza alimentato dall’innovazione e dall’incremento della produttività.
(Fonte: MilanoFinanza)
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