Secondo uno studio di Cerved che verrà presentato oggi al convegno Esg Connect 2024 per le imprese che adottano modelli di business rispettosi dell’ambiente il tasso di default scende al 3,12 dal 4,37%
Un modello di business all’insegna dell’economia circolare conviene. In primo luogo alle imprese che lo adottano: riduce del 28% il loro rischio di credito con un tasso di default medio del 3,12% contro il 4,37% di quelle che hanno mantenuto un tipo di produzione tradizionale. Il divario è ancora maggiore (-68%) per le Pmi. E conviene anche alle banche che le supportano perché il miglior profilo di rischio si traduce per loro in un maggiore risparmio: circa 4 euro ogni 100 erogati e 0,3 euro di capitale regolamentare.
Il primato italiano
Lo dimostra uno studio di Cerved Rating Agency con il fermo immagine a giugno che verrà presentato oggi in occasione del convegno Esg Connect 2024. Il report ha passato ai raggi x i dati forniti da oltre 2mila società non finanziarie con rating di credito in essere. «L’Italia, come mostrano i dati Eurostat – dice l’ad di Cerved Rating Agency Fabrizio Negri – è ai primi posti nella Ue per le attività legate al riciclo e al recupero di materiali. Abbiamo cercato di valutare in modo oggettivo l’impatto di queste pratiche dal punto di vista creditizio». L’analisi di Cerved rating Agency si basa sui dati delle singole aziende su tre dimensioni connesse all’economia circolare: il reimpiego di prodotti o sottoprodotti della lavorazione, il recupero, la riparazione o la rigenerazione della componentistica e la vendita di scarti di lavorazione. Sono stati inoltre presi in esame l’intensità dei rifiuti prodotti e il tasso di materiali riciclati.
L’evoluzione dal 2021 ad oggi
Il risultato non cambia se si allarga l’orizzonte temporale e si analizza un campione di imprese con rating di credito validi in tutti gli anni considerati a partire dal 2021, equamente diviso tra chi ha adottato modelli di economia circolare e chi non lo ha fatto. «Si osserva – aggiunge Negri – che il primo cluster ha dimostrato una maggior resilienza a shock esterni negli ultimi tre anni. Già nel 2021 le aziende circolari avevano una probabilità di default inferiore (2,51% contro 3,18%), ma nel giugno 2024, dopo un susseguirsi di crisi e rischi sistemici, il gap è aumentato ancora (2,61% contro 3,86%), nonostante un deterioramento generalizzato del merito creditizio».
La sostenibilità ambientale va poi di pari passo con quella economico-finanziaria. Le imprese circolari hanno una maggiore capacità di coprire la spesa per interessi passivi tramite il risultato operativo (+24%), generano più flussi di cassa da destinare agli investimenti (1,5 volte superiore rispetto quelle non circolari) e risultano meno indebitate del 6 per cento.
Un nuovo paradigma
«Siamo all’inizio di una profonda trasformazione dei sistemi produttivi – fa notare l’ad di Cerved Rating Agency – dove i modelli di economia circolare possono rivestire un ruolo cruciale. Per l’Italia, seconda manifattura d’Europa con una forte presenza di Pmi che operano all’interno di catene del valore europee e mondiali, il tema è destinato ad essere sempre più al centro del dibattito. Questa transizione si rivela anche strategica di fronte alla carenza di materie prime». Un ulteriore scatto in avanti, conclude Negri, arriverà con il recepimento della normativa Ue del Green Deal: «Dal regolamento sull’eco-design che introduce standard minimi di riciclo alla direttiva sull’obbligo di rendicontazione di sostenibilità (Csrd), solo per fare qualche esempio, è in atto un cambio di paradigma destinato a influire sulle scelte delle imprese in questa direzione».
Fonte: IlSole24Ore
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