Meini (PwC Italia): “Affiancare gli startupper per minimizzare gli errori è fondamentale in un Paese povero di capitali come il nostro”
“In un Paese come il nostro che fatica a raccogliere capitali da investire nelle startup, è fondamentale affiancare i neoimprenditori per minimizzare gli errori nell’implementazione che spesso derivano dalla mancata conoscenza di aspetti critici del fare impresa”. È la convinzione di Daniele Meini, digital innovation markets leader di PwC Italia.
Il quadro delineato dal Rapporto di Ricerca 2023 del “Venture Capital Monitor – VeM” indica che gli investimenti sono calati dell’11% rispetto al 2022, attestandosi a quota 302, mentre il valore è crollato da 1,9 a 1,1 miliardi di euro. Possiamo dire che si è esaurita la spinta al decollo del settore?
“Non sarei così netto. Lo scorso anno è stato difficile per tutto il settore globale del venture capital tra tassi alti e incertezza della congiuntura. Sta di fatto, comunque, che il nostro è un mercato molto piccolo rispetto ad altri, non solo occidentali”.
Cosa ci manca?
“Se guardiamo al benchmark internazionale, gli Stati Uniti, è evidente che spesso da noi lo startupper è solo, mentre Oltreoceano, accanto all’ideatore dell’impresa, vi sono sin dall’inizio molteplici professionisti esperti di marketing, di finanza aziendale e di compliance. Questo è possibile perché da quelle parti il funding è molto più facile e consistente che da noi”.
Da noi ci sono le idee, ma mancano i capitali…
“Fatte salve alcune eccezioni, è proprio così. Da qui la nostra decisione di avviare un programma di accelerazione per aiutare gli startupper a minimizzare gli errori. Ci siamo concentrati sul fintech per non disperdere le energie e perché è tra i filoni più promettenti, con la Banca d’Italia che stima investimenti per un miliardo di euro nell’anno in corso e una costante crescita nei prossimi. In particolare ci siamo focalizzati su tre ambiti: insurtech, wealth management e lending. Se da un lato la situazione di mercato favorisce la nascita di numerose aziende nel settore della tecnofinanza (sono più di 600 quelle attive in Italia nel 2022 secondo l’Osservatorio Fintech di PwC), dall’altro genera operatori talvolta poco distintivi e con difficoltà persistenti nel rendere il business scalabile e replicabile su larga scala. Per altro, l’ecosistema di startup si concentra prevalentemente nelle città di Milano e Roma che negli ultimi anni hanno visto l’avvio di numerose iniziative a supporto dell’innovazione. Per continuare a far crescere l’ecosistema è fondamentale proseguire nella direzione intrapresa, garantendo condizioni sempre più favorevoli per i nuovi imprenditori e incoraggiando ulteriormente la partecipazione delle startup ai programmi di accelerazione”.
Di cosa vi occupate in particolare?
“Il Fintech Startup Accelerator Program mette a disposizione competenze, risorse e network per supportare lo sviluppo delle giovani aziende italiane nell’ambito financial services. Abbiamo selezionato otto nuove realtà, che aiutiamo gratuitamente a consolidare le loro conoscenze di settore attraverso masterclass e workshop specializzati, agevolando l’individuazione delle opportunità di crescita e consentendo di massimizzare il loro potenziale. Un’iniziativa concreta che può offrire alle startup la possibilità di trasformare le loro idee innovative in realtà consolidate”.
Può citare alcuni esempi di aziende da voi seguite?
“Open Rating ha sviluppato un algoritmo per misurare il merito creditizio di una Pmi, fondamentale per accrescere la dinamica dell’erogazione di prestiti alle imprese. Mentre SaferPlaces ha sviluppato tecniche di modellizzazione climatica, idrologica, idraulica e topografica per misurare il rischio di inondazioni o altri effetti legati alle alluvioni pluviali, fluviali e costiere. Immaginate i danni provocati negli ultimi mesi e i relativi impatti sulle imprese assicurative”.
(Fonte: LaRepubblica)
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